Ho messo via la macchina fotografica, oggi siamo solo io e te, Tokyo. Voglio che le prime immagini che ho di te esistano solo nei miei ricordi.
Non dormo da 30 ore, e non ho intenzione di farlo ancora per un bel po'; il caldo è soffocante e il mio corpo non ha idea di che ora sia. Fai di me quello che vuoi.
Quando sono partita erano le 11 di mattina e ora sono le 8, sempre di mattina. Il signore dell'aereo mi ha accompagnata a comprare il biglietto dell'autobus per Souka, dove dovrei incontrarmi con la mia host mom alle 5. Non se ne parla di dormire, i miei occhi sono avidi di immagini, non importa se non distinguo le allucinazioni dalla realtà. Il mio cervello riceve dati a scatti..le mani con i guanti bianchi sul volante pali della luce ombre nere sulla strada ponti prati campi da baseball grattacieli senzatetto nelle tende ancora ombre palpebre NO NO sono sveglia cartelli kanji musichette stradine casette tradizionali cielo grigio Souka eki desu, arigatou gozaimashita.
Souka è carina, la stazione non è grande e ti fa venire voglia di fare un giro nei dintorni. Mi ricordo i colori caldi e cazzo, i coin locker troppo piccoli meglio andare a Kita-Senju che è più grande vediamo se posso mollare lì la valigia. 1, 2, 3, 4, 10 minuti dopo ho fatto il mio primo biglietto della metro col tabellone delle fermate interamente in kanji e il cervello in screensaver, pacca mentale sulla spalla.
I coin locker non la vogliono la mia valigia, no, te la tieni e te la porti dietro fino a stasera-certo, piuttosto la butto in un fosso. Prima importuno un poliziotto per farmi spiegare come funzionano gli armadietti, poi vengo importunata da un tunisin-giapponese che voleva portarmi a mangiare qualcosa, no grazie credo di aver già pranzato una decina di ore fa, o forse era la cena..beh ciao. Epilogo? All'ufficio informazioni di Kita-Senju ci sono delle ragazze carine e gentili, che poste di fronte alla questione "la mia valigia è troppo grande per i vostri coin locker, cosa posso fare?" hanno deciso di salvarmi la vita e custodirla gratis nel loro sgabuzzino. "però non possiamo garantire per la sua sicurezza.." "si si tranquilla, ci vediamo alle 4 ne.."
Ho 20 chili in meno da portare in giro, ora come la mettiamo Tokyo? Riconosco i kanji di 渋谷 Shibuya sul cartellone, non so perché ma voglio andare lì. Il sonno rende tutto più surreale..sto comprando un biglietto-vuoto-sto seguendo il cartello giallo con la scritta Hachiko Exit-vuoto-sono sommersa da persone luci immagini suoni, sento il mio respiro, tutto è fermo-poi la luce diventa verde e io cammino, sono parte di tutto, mi trascinano con loro.
Tutto quello che sapevo di te, tutto quello che avevo letto, visto, sentito, tutte le immagini che avevo di te sono sparite in quel momento. Basta, vederti con gli occhi degli altri, ho fatto ctrl-alt-canc e ho iniziato a guardarti senza filtri. Sei la mia Tokyo adesso.
Credo di aver camminato per un po' e di aver visto strade diverse, credo di aver comprato un onigiri e di aver deciso di andare ad Harajuku e magari dormire un paio di ore nel parco di Yoyogi.
Harajukuuu, Harajuku desu. Takeshita street, il ponte. Non mi fermo, oltre il tori c'è ombra-vuoto-le mie all star fanno un rumore irregolare sulla ghiaia-vuoto-una panchina, mangio-vuoto-sto ancora camminando, voglio un prato, non so dove sono-vuoto-merda, di qua si va al tempio Meiji-jingu Yoyogi era dall'altra parte. Torno indietro, il mio campo visivo sono le mie scarpe-vuoto-corvi, caldo, sto per svenire-vuoto-non so come ma sono a Yoyogi, ci sono i Rockabilly che ballano e INDOSSANO DEI GIUBBOTTI DI PELLE sotto il sole. Credo di poter vedere la mia anima che mi esce lentamente dalla bocca---"Konnichiwa! Da dove vieni?" "ehm..dall'Italia credo" "Vuoi che ti porti a fare un giro per il parco?" "perché no.." "io mi chiamo Akira" "piacere". Ho un nuovo amico.
Dalla chiacchierata con Akira sulle panchine, non so, forse mi ci ha portato un corvo perchè io non mi ricordo di aver camminato, mi sono ritrovata a Souka con la mia valigia troppo grande a fissare il sorriso di Ayami dietro la vetrina di uno Starbucks. Il primo ricordo che ho della mia casa giapponese è una bambina in yukata che mi corre incontro nell'ingresso. "Noi pensavamo di andare ad un matsuri qua vicino..sei troppo stanca per venire?" "ceeerto che no."
Kyou wa otsukaresama deshita, un giorno lungo troppe ore.
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