venerdì 19 dicembre 2014

Enjoy il Natale Che Non Puoi.

Appartamento di Stila.
Ascoltando Rose Tattoo dei Dropkick Murphys, atmosfera rilassata e un po' pensierosa qui all'11esimo piano. Mentre il pane integrale che sto preparando tenta disperatamente di lievitare e un altro bucato gira nell'asciugatrice, questi quasi due anni a Tokyo sono seduti qui vicino a me, e mi guardano.
Non riesco a capacitarmi che siano già passati quasi due anni.
Due anni, tre appartameti, una scuola, tre lavori... la freddezza dei numeri non riesce a descrivere tutto questo, e forse nemmeno io. Sarà che si sta avvicinando l'ultimo dell'anno, sarà che ieri sono andata in un bar di birre artigianali ed era pieno di hipster che mi hanno fatto girare le palle, ma non posso evitare di essere un po' pensierosa oggi. Che poi non è un pensieroso triste e bombettaro, è più un pensieroso da "tutto questo è più grande di me".
Penso a quando sono arrivata qui, e potrebbero essere 10 anni fa. Dal giorno del mio arrivo a oggi c'è un turbinio di eventi e stagioni e persone ed emozioni, così tanti che mi chiedo come abbia fatto a farci stare tutto.
Avevo dubbi prima di venire qui? Sì. Manco sapevo se mi sarebbe piaciuto. E se mi fosse piaciuto, avrei potuto restare? Avrei trovato lavoro? Mi sarebbero bastati i soldi? Mi sarebbe piaciuto il lavoro? E soprattutto, sarei riuscita a distrarvi dal fatto che il post di questa settimana è uscito in ritardo? I dilemmi della vita.
Natale, maledetto Natale e le sue millemila cose da fare, lavori da finire, propositi da formulare e sticazzi da sticazzare. Essere così occupata non fa bene alla mia ispirazione, quindi non sono sicura di che post usciranno nelle prossime settimane. Ma tanto voi non li leggerete. Voi che siete in Italia e sarete cinque volte più presi di me fra parenti e regali e cenoni. Quindi siamo a posto, giusto?

Per oggi vi lascio con una foto presa dal mio repertorio di emergenza (che secondo voi io non tengo un repertorio di emergenza, tzè).

Il tipico abbigliamento da neve a Tokyo

Alla prossima settimana. Non ingozzatevi troppo di babbi natale di cioccolato e non dimenticatevi il regalo alla nonna!

lunedì 8 dicembre 2014

Di Inverno e di Buone Maniere in Treno

Anche voi siete passati dai frullati alla banana e i Mojito ghiacciati al tè caldo e copertina? Mi consolo.
Prima di Natale c'è sempre da fare. Anche qui dove in teoria il Natale non esiste. Dico in teoria perché se davvero non esistesse, non verrei bombardata da remix di canzoni natalizie ogni volta che entro in un negozio. In Giappone il Natale esiste solamente come forma di marketing: hanno le decorazioni, l'albero, le canzoni, le luci e i completini da Babbo Natale sexy (ovviamente, altra occasione per fare cosplay), ma non hanno il cenone in famiglia e la messa di mezzanotte e i regali sotto l'albero. È tutto solo per vedere. Qui al 25 si lavora.
 Un casino di cose da fare, dicevo. Al lavoro ricevo mille traduzioni urgenti al giorno, ci sono i moduli delle tasse da compilare e le feste di fine anno a cui presenziare. Quando non lavoro in ufficio o al bar mi esercito con il sanshin - ultimamente faccio circa un concerto a settimana. Infatti torno proprio ora dal mio ultimo concerto, andato parecchio bene tra l'altro, in uno snack bar di Akabane.
Oggi volevo parlarvi della metro, e in particolare di certi cartelloni informativi che vengono mostrati al suo interno.
Esiste una serie di poster creati da Tokyo Metro, chiamati "Manner Poster": lo scopo di questi cartelloni è di ricordare ai passeggeri quali sono le buone maniere in modo che prendere il treno continui a essere un'esperienza serena e sicura per tutti. Noioso, direte voi. Ma dimenticate che siamo nel mondo dei manga e degli anime, cari i miei lettori.
Dovete sapere che io vivo praticamente sopra ad una stazione della metro: ciò significa che ogni volta che devo andare da qualche parte basta che esca di casa e trac, posso prendere il treno. Ogni mattina, quindi, scendo le stesse scale per andare allo stesso binario dello stesso treno ed ogni mattina passo davanti ad uno di questi cartelli, che mi divertono immensamente per la loro assurdità e originalità. Ogni mese ne esce uno nuovo, e ogni anno c'è una serie diversa. Cercando su internet ho scoperto che Tokyo Metro ha iniziato la pubblicazione di questi poster nel 1974!
L'altro giorno ho pensato, e se ogni mese condividessi l'uscita del nuovo poster con i miei lettori? Non mi sarebbero immensamente grati per deliziarli con queste perle di assurdità del sol levante?
E così eccomi qui, con il primo post di condivisione dei Manner Poster della Tokyo Metro!

Siccome le serie di poster sono basate sull'anno scolastico e fiscale giapponese, che va da aprile a marzo, la serie corrente è ormai oltre la metà, quindi prima di iniziare faccio un piccolo riassunto, mostrandovi anche qualcuno dei poster più belli delle serie passate.

- Fatelo a casa
Questa è forse la serie più famosa e la più amata (credo sia andata avanti per tre anni di seguito), la serie del "fallo a casa tua". Questi poster ritraevano persone intente in comportamenti sconvenienti e nella scena era sempre presente il signore occhialuto in basso a sinistra, sempre con una faccia come a dire "guarda a me cosa mi tocca sopportare". In questo poster il salaryman ubriaco e collassato viene incoraggiato a "farlo a casa sua" (e non a non farlo!).

- 2011: Ho visto una persona così
Nel 2011 una serie che ritraeva animali estremamente carini con il titolo "ho visto una persona così", si serviva dell'estrema adorabilezza delle foto per ricordare ai signori passeggeri che cosa non va fatto. "Stai attento a non disturbare gli altri passeggeri quando usi il telefono cellulare in treno". Oppure "ricordati di mandare un messaggio al tuo criceto per dirgli che farai tardi". Una delle due.

- 2012: Perché?
Nel 2012 c'è la serie del perché; in ogni poster è presente questo esserino che sembra un incrocio tra un orsacchiotto e Slender Man, e la didascalia interroga i passeggeri sul perché delle loro azioni sconsiderate: "perché stai tossendo ovunque?".
Il tipo nella foto è chiaramente imparentato con il carcerato del Miglio Verde.

-2013: Le buone maniere sono nel cuore
Con il titolo sopracitato, questa serie fa leva sui sentimenti e il buon cuore della gente, con sagge frasi dal sapore paterno del tipo "anche se ti dimentichi delle fatiche dell'anno passato, non dimenticarti di aver cura di chi ti sta attorno". La donna uscita da un quadro di Picasso si presta come immagine rappresentativa di tutti noi vittime dei narcolettici da treno.

- 2014: La vecchia fattoria?
Quest'anno ha visto un ritorno al mondo animale. Disegnati in versione umana, con il giusto mix di kawaii, regole assurde e disegnini divertenti ci hanno regalato delle perle.

"È pericoloso se non guardi dove cammini".
Un cinghiale intento a guardare lo smartphone urta un gatto che teneva in mano un acquario, il quale reagisce come un calciatore di serie A quando subisce un fallo (non per niente la strana signora in basso sta fischiando rigore). Lanciati in aria, i pesci roteano con espressioni di terrore stampate sul volto, in contro alla loro inevitabile fine.
Il dramma, signori, il dramma.

"Chi ti sta attorno sente il suono uscire dalle cuffie!".
Mai visto un cavallo tanto preoccupato in vita mia. Ma più di questo, il fatto che nei treni giapponesi sia considerato irrispettoso ascoltare la musica a un volume così alto che le persone attorno a te possono sentire il suono, dovrebbe dirvi molto.
Adoro le note-pipistrello.

"Sei circondato da odore e spazzatura!".
Il mio preferito di quest'anno. C'è bisogno di commentare? Guardate la faccia della povera volpe (gialla?). Non riesco a non ridere nemmeno adesso mentre scrivo. Immaginatevi di stare andando al lavoro il lunedì mattina tra uomini assonnati in giacca e cravatta, anche voi mezzi addormentati e con la vista ancora annebbiata dal sonno, scendete nella metro e vi trovate davanti questo cartello: mi uccide ogni volta.
Ma vi prego guardate la faccia di quella volpe. È un capolavoro.

Ecco, questa era l'introduzione. E adesso vediamo il poster di questo mese!

"Se vi stringete, un posto a sedere è in regalo".
Poster a tema natalizio. E l'entrata in scena del rinoceronte vintage. La didascalia incoraggia i passeggeri a sedersi viscini viscini per permettere a più persone di sedersi, e le renne presenti sono ben felici di accogliere fra di loro l'animale col peggior gusto nel vestire del pianeta, nel loro viaggio verso casa di Babbo Natale. La renna con le luci appese alle corna è la mia preferita.
Tutto questo applaudito dalla strana signora con gli occhi da serial killer che per l'occasione si è vestita di rosso e mostra la sua approvazione con un "Bravooo!" in katakana.
Spero che l'approvazione sia per il comportamento delle renne e non per la scelta stilistica del rinoceronte.

Spero che abbiate trovato questo viaggio culturale interessante. A partire da gennaio, ogni mese mostrerò sul blog il nuovo poster in diretta mondiale, fotografandolo direttamente quando vado al lavoro.

VI lascio, che starete bruciando dalla voglia di scrivere nei commenti che cosa ne pensate delle regole dei treni giapponesi :P

(Bonus: ho trovato un post bellissimo con una raccolta di vecchi Manner Poster della Tokyo metro, da guardare se avete tempo, certi sono epici!)

lunedì 1 dicembre 2014

Le Avventure di Fuchiko #1: Meiji Jingu

Dovete sapere che a Tokyo è molto facile perdersi nel tutto. Ci sono talmente tante cose, persone, suoni e odori che molte volte non si sa più da che parte guardare, che cosa ascoltare, che cosa... annusare.
Ho in programma diversi post su Tokyo e sui suoi quartieri, la sua gente e le sue stranezze, ma questa nuova serie fotografica - ne sto creando un bel po' ultimamente :) - nasce per aiutarmi/vi ad apprezzare i dettagli, le piccole cose  a cui è fin troppo facile non fare caso in una metropoli. E chi meglio della mia amica Fuchiko può guidarci nell'impresa, a mo' di Virgilio giapponese?
Ma chi è Fuchiko, e perché è lei la persona adatta per questo incarico? Lo scoprirete tra qualche paragrafo...

Disclaimer! Per una ragione che capirete fra poco questo post è parecchio lungo, più lungo del previsto. Però è figo eh. Giuro.

Oggi ho deciso di portare Fuchiko al Meiji Jingu di Harajuku.
Harajuku è il quartiere delle mode alternative, dei cosplay, delle Gothic Lolita e degli artisti di strada; qui si possono trovare negozi all'occidentale, caffè che servono pancake che sembrano opere d'arte e negozi di popcorn con 3 ore di coda.
In mezzo a tutto questo, o per meglio dire a fianco, si trova un immenso parco di sempreverdi nel quale si nasconde un tempio. Che tipo di tempio? Vediamo velocemente 3 fatti random a proposito del Meiji Jingu:

1. È un santuario shintoista.
2. È dedicato alle anime deificate dell'imperatore e dell'imperatrice del periodo Meiji (le loro tombe però, per qualche ragione oscura si trovano a Kyoto).
3. L'hanno costruito nel 1920 ma è stato distrutto durante la seconda guerra mondiale, quindi (dopo aver fatto spallucce) l'hanno ricostruito uguale nel '58, grazie alle offerte dei cittadini. Tie'.

Il mio piano iniziale era di fare una semplice visita corredata da qualche foto, ma siccome i piani non vanno mai secondo i piani quel giorno io e Fuchiko abbiamo trovato un'atmosfera tutt'altro che tranquilla. Ma andiamo con ordine.
Partiamo dall'entrata.


Questo torii (portale d'accesso) di legno dalle discrete dimensioni separa la civiltà brulicante dalla calma della foresta. Qualche minuto di cammino e sulla strada che porta al tempio ci troviamo davanti all'esposizione di botti di sake donate al santuario.









Fuchiko si emoziona subito a vedere tutto questo ben di dio alcolico, e si perde a pensare a come sarebbe felice se anche lei fosse una divinità a cui la gente offre del vino di riso.

Ed ecco svelatavi l'identità di Fuchiko



Devo convincerla con la forza a staccarsi dalle botti e alla fine, dopo qualche altro minuto di cammino tra alberi e foglie secche, giungiamo al santuario dove per prima cosa ci purifichiamo prima di entrare: in ogni tempio c'è una fontana posta all'entrata, attrezzata con dei mestolini con cui versarsi l'acqua (gelata, mortacciloro) sulle mani e sulla bocca prima di proseguire.


Dopo la piacevolissima rinfrescata (sarebbe anche il 23 novembre) entriamo finalmente nella zona principale del Meiji Jingu, per scoprire che quel giorno sono in corso non uno, non due, ma ben tre eventi (alzi la mano chi ha involontariamente iniziato a cantare three, is the magic numbeeer).



E il primo avvenimento che cos'è? Eh già, un matrimonio. Viva gli sposi! Ba-cio, ba-cio...
Per gli iteressati ecco 4 fatti random a proposito dei matrimoni in Giappone:

1. Non si firmano i documenti di matrimonio durante la cerimonia: i documenti devono essere presentati prima di quest'ultima per ottenere il permesso di organizzala; non c'è alcun obbligo di cerimonia in caso di matrimonio in Giappone.
2. Questo qui sopra è un matrimonio shintoista durante il quale, tra le altre cose, gli sposi vengono purificati, bevono del sake, fanno delle offerte agli dei e lo sposo legge i voti.
3. A vederla sembra una cerimonia molto antica ma in realtà è stata adottata solo nel 1900, basandosi sul matrimonio del principe Yoshihito con la principessa Sado.
4. Sempre più coppie giapponesi vogliono sposarsi con la cerimonia occidentale: ci sono addirittura finte chiese con finti preti che celebrano un finto matrimonio cristiano - tutto perché fa figo vestirsi con l'abito bianco. Un'altra cosa che va forte è sposarsi a Disneyland con Topolino e Minnie (non ci credete? Ecco qui).

Passata la processione cominciamo a guardarci attorno, e notiamo una cosa ben più inaspettata di un matrimonio. Provate a dire cosa. Nah, non indovinerete mai. Ebbene, sembra che io e Fuchiko siamo circondate da...



... ortaggi.
Ammettetelo che non ve l'aspettavate. Neanche io, soprattutto con quello che costa la verdura in Giappone!
E non si tratta di una semplice pila di ortaggi. Stiamo parlando di un'esposizione ben ordinata di quello che sembrano, oddio non vorrei sbagliarmi ma... ahem... barche?




Ora, capirete che io, con tutta la buona volontà di Fuchiko e delle foto e dei dettagli, ho dovuto abbandonare per un attimo il progetto e documentare il tutto in attesa di chiarimenti. Che sono arrivati dopo aver parlato con uno dei custodi del tempio.
L'apparente pazzia che sta avendo luogo è in realtà un rito di ringraziamento per il buon raccolto, che si tiene ogni anno in questi giorni e durante il quale si costruiscono queste pazzesche navi chiamate  宝船 takarafune, ovvero navi del tesoro. Lo so, è un nome troppo fico.






Da quello che ho letto, queste navi sono cariche con circa una tonnellata di ortaggi. Quelli che le costruiscono spendono qualcosa come 3-400.000 yen (3000 euri) per realizzarle.
Informazione che non c'entra molto ma che mi è molto piaciuta: originariamente la "nave del tesoro" è una nave su cui salpano le sette divinità della buona sorte e che contiene -ovviamente- un tesoro (queste sono le immagini che trovate se ne googlate il nome in giapponese).

Dopo aver ammirato la maestosità di questi vascelli commestibili, Fuchiko decide di prendersi una pausa rilassandosi un po' su una delle lanterne che sono sempre presenti in grande quantità nei templi.









Dopodiché la porto a vedere gli Ema, delle tavolette di legno dove la gente scrive i propri desideri che vengono poi appese nella speranza che gli dei li facciano avverare.



Anche Fuchiko scrive il suo Ema:



Dicevamo che c'erano ben tre eventi in corso oggi, ricordate? Qual è il terzo, vi chiederete voi?
La terza cosa insolita (anche se le verdure hanno già vinto) è che c'è un discreto quantitativo di bambini in kimono che gironzolano per il santuario. Avevo già un sospetto al riguardo, che dopo aver chiesto al solito custode viene confermato: è in corso il 七五三 shichi-go-san.
Il shichigosan è la festa che celebra la crescita e la buona salute dei bambini di 3, 5 e 7 anni (significa letteralmente sette, cinque e tre).
Ormai ci ho preso gusto con le liste (e anche voi, ammettetelo) quindi ecco 4 fatti random a proposito del shichigosan!

1. È nata come celebrazione tra i nobili e si è poi estesa alla classe dei samurai e infine a tutto il popolo.
2. I samurai hanno introdotto dei riti interessanti: i bambini, a cui veniva tradizionalmente rasata la testa, a tre anni potevano farsi crescere i capelli per la prima volta; i maschi di 5 anni potevano indossare per la prima volta l'hakama e le bambine di 7 anni sostituivano la semplice corda che usavano per legare il kimono con l'obi tradizionale.
4. Esiste una caramella chiamata Chitose ame, che i bambini ricevono in questo giorno: il nome significa "caramella dei 1000 anni" e simboleggia la crescita in salute e la longevità.

Ad oggi ovviamente la maggior parte delle vecchie tradizioni non si praticano più, e il shichigosan odierno consiste principalmente nel vestire i propri figli in abiti tradizionali (kimono e qualche volta abiti eleganti all'occidentale) e fargli un casino di foto. Ogni bambino è scortato dai genitori e da almeno altri 3 membri della famiglia, che non fanno altro che fotografarlo senza fermarsi un attimo, con qualsiasi mezzo in grado di riprodurre un'immagine, dal cellulare scrauso alla fotocamera professionale. Varie parti del santuario sono attrezzate con dei set fotografici che farebbero invidia al fotografo personale di Naomi Campbell.





Ammirate la giuoia di questa bambina mentre si lascia scattare la quarantaquattromilionesima foto.



Altro che i nostri vestitini da chierichetti, cazzo.

È quasi ora di tornare a casa per me e Fuchiko, ma non prima di fermarci a dare un'ochiata al banco degli amuleti, dove tra l'altro vendono anche le caramelle dei 1000 anni che io contemplo con occhio bramoso. Ci sono vari tipi di amuleti (chiamati お守り omamori), ognuno specializzato per un certo tipo di fortuna: il successo accademico è la specialità del Meiji Jingu, ma si possono comprare omamori anche per la salute dei figli, per un parto sicuro e così via. Fuchiko e io optiamo per un generale omamori della buona sorte. Mi è venuto in mente che da quando sono qui mi è andata piuttosto bene e non ho mai comprato un omamori, quindi prima che i kami si incazzino per la mancata offerta forse sara' meglio pagare il dovuto rispetto... chissa' se l'omamori è anche retroattivo?



Fuchiko sembra soddisfatta. Un ultimo sguardo al santuario e via, di nuovo verso la civiltà.



Quando arriviamo al ponte sopra i binari del treno vicino alla stazione, Fuchiko si ferma per giocare con le barriere che separano la zona pedonale dal traffico. Chiunque sia stato ad Harajuku le riconoscerà all'istante, essendo peculiari di questo ponte famoso per i cosplayer che lo affolla(va)no nei weekend.













La giornata si conclude con un tè allo yuzu in uno dei miei bar preferiti, riscaldandoci mani e piedi e gustando fino all'ultimo una giornata piena di eventi, di scoperte, e di verdure.
Piccola Fuchiko, alla prossima.


Ok, l'abbondanza di eventi mi ha mezzo boicottato il servizio fotografico di Fuchiko dato che lo scopo iniziale era quello di fotografare solo lei per tutta la storia dei dettagli, ma alla fine è questo il bello di Tokyo: tu te ne esci per i cazzi tuoi pensando di andare semplicemente a un tempio e torni a casa piena di cose da raccontare.
Insomma che ne pensate? Serie promossa?

p.s.: Dato che ha vinto il minisondaggio, ci vediamo il prossimo lunedì.

mercoledì 26 novembre 2014

100 strangers project: #4 - Mister D.I.Y.


Harajuku, 24 novembre 2014

Un nuvoloso lunedi' di fine autunno. Le magliette si sono ormai trasformate in cappotti, gli alberi di Natale hanno appena cominciato la loro ascesa al potere e io dovrei essere al lavoro... invece, grazie a una delle molte festivita' giapponesi sto vagabondando con una macchina fotografica in mano.
Mi sono presa una giornata per me, tutta sola a camminare, osservare, fotografare, pensare e altri verbi simili, e in questo preciso momento sto per andare a bere qualcosa di caldo in un cafe' del posto dopo aver girovagato tutto il giorno.

Ed e' li' che la sento.

Una musica limpida, eterea, che eccheggia tutt'intorno a lui, alla stazione, alla strada, alla gente che passa. Mi avvicino.
E' un ragazzo che sta suonando uno strumento di legno che non ho mai visto prima: avra' almeno 10 corde, un bastoncino per pizzicarle e dei tasti per suonarle come un pianoforte. Il tipo sembra essere completamente a suo agio con questa tastiera mutante e io decido all'istante che egli diverra' il mio quarto straniero. Mi godo la sua canzone mentre aspetto che finisca di suonare per andare a parlargli.

Appena pizzica l'ultima nota, mi faccio avanti e lascio cadere 500 yen nella scatola vicino a lui.

"Posso prendere uno dei tuoi cd?"
"Ma certo"

Il suo nome e' Sam e viene da Boston. Vive in Giappone e ha costruito lo stumento ispirandosi al koto, che e' uno strumento giapponese a 13 corde (wikipediatevi). Le corde sono corde di pianoforte.



Parliamo un po' mentre lui sostituisce una corda ("e' la prima volta che mi capita di romperne una, e oggi non ho neanche portato le pinze"). Mi dice che esce spesso a suonare. Qualche giapponese si ferma a parlare con lui, dei bambini curiosi si avvicinano. Finalmente riesce ad aggiustare la corda, io lo ringrazio e inizio a scattare qualche foto mentre la gente ricomincia a radunarsi attorno alle sue note.
Neanche un minuto piu' tardi la festa e' gia' finita: appaiono due poliziotti dal volto severo (e' pazzesco come i giapponesi sanno essere severi e cortesi allo stesso tempo) e gli intimano di impacchettare il suo piano mutante e andarsene. Lui sorride e obbedisce mentre loro lo guardano mettere via la sua roba, e io lo lascio senza salutare, diretta verso il mio cafe' preferito con ancora la sua musica in testa.


Gli altri estranei

Cliccate qui per saperne di più sul 100 strangers project e vedere le stupende foto scattate dai fotografi di tutto il mondo.

Sondaggio!
Sto pensando di decidere un giorno fisso per il post settimanale: voi che giorno preferite? Postate suggerimenti, spunti e ordini nei commenti :)

martedì 18 novembre 2014

Stila@the Punk Bar #0: Prologo

Oggi per la prima volta voglio parlarvi del mio bar. Come ho gia' menzionato in questo post, quando non lavoro per davvero passo le serate a spinare birra a suon di Sex Pistols in una bettola punk in mezzo ai gattacieli. Non ci vuole un genio per immaginare che io abbia ben piu' di una storia da raccontare in proposito, quindi da oggi comincia una nuova serie intitolata "Stila@the Punk Bar".
In questo post vi racconto di come e' iniziata, in quel freddo venerdi' di febbraio di un anno fa, la storia di Stila e Toru.

Siccome ci sta perfetta, Bartender di Laurel Aitken ci fara' da colonna sonora per l'occasione.



Golden Gai, Shinjuku. La Città d'Oro. Ex quartiere a luci rosse. Tra i grattacieli rigurgitanti karaoke, izakaya e hostess club si nasconde una manciata di vicoletti fumosi colmi di minuscoli bar fatiscenti uno appiccicato all'altro, uno sopra l'altro. I baristi sono dei tipi scazzati che con la sigaretta in bocca ti scrutano da dietro il bancone quando passi, oppure giovani stilosi immersi in fitte conversazioni con i clienti, o ancora vecchie signore che ti sorridono e ti fanno un cenno col capo. Nomi stravaganti, insegne fatte a mano, tettoie pericolanti e muri ammuffiti, graffiti e metallo, tubi e luci tremolanti, gatti sovrappeso che sonnecchiano fuori dai portoni, salarymen a stabilità limitata e turisti sperduti.

"Ecco le vostre birre. Questo è il menu delle canzoni, se volete potete fare una richiesta."
"Grazie... vorrei ascoltare i Cobra"

E' la seconda volta che vengo in questo bar.

La prima cosa che ti salta agli occhi quando ci entri e' il colore rosso. Ci sono circa sette posti a sedere. Le pareti sono coperte di firme, graffiti e poster di gruppi punk. In un angolo i volantini dei concerti. Alla finestra lampeggiano delle lampadine rosse e blu a forma di chitarra elettrica e vicino al bancone c'è una tartaruga. Si chiama De Niro, forse perche' quando ti fissa sembra che voglia dire "Are you talking to me?". La ragazza che mi serve da bere si chiama Yuka, ha delle lunghe trecce nere e una faccia da nonmirompereilcazzo.  Il proprietario è un possente giapponese con la cresta e una grossa voce roca da fumatore.

"Volevo chiederti un consiglio" la canzone dei Cocksparrer che sta passando ora mi ricorda l'Inghilterra
"Sto cercando un lavoro part-time... non è che conosci qualche posto che accetta gente con piercing e tatuaggi, e magari anche i capelli colorati?"
Ride.
"Se vuoi puoi lavorare qui. Qui non c'è nessun problema"
"Davvero? Posso lavorare qui?"
"Certo. La paga è bassa però, mi dispiace"
"Non importa"
"Allora cominci lunedì"

Comincio lunedì. Come nei film.


martedì 11 novembre 2014

Frammenti di Tokyo #4: Rockstar

Mi sono appena seduta.
Giacche e cravatte sono allineate di fronte a me, appiccicate, ammassate. Teste chine e il solito silenzio sottolineato dal rumore sommesso delle rotaie. Ogni tanto qualche scossone improvviso e tutti i corpi oscillano simultaneamente, come un'onda.
Quasi non si respira nel treno.

Di fronte a me noto una mano muoversi. Un movimento ritmico e preciso, su e giù.
Il proprietario della mano sta suonando una chitarra immaginaria. Non il goffo movimento di chi non ha mai toccato uno strumento in vita sua, ma l'esperta riproduzione, l'esercizio. Alzo lo sguardo per un attimo: lui ha gli occhi chiusi e indossa un paio di cuffie. Non credo abbia più di quarant'anni. Non c'è niente nel suo aspetto, nessun minimo particolare che lo distingua dagli altri 60 salaryman pressati attorno a lui nella carrozza in questo momento. Per chiunque lo guardi lui è solo un'altra ventiquattr'ore consumata, un'altra cravatta sporca di ramen, un'altra espressione assente sul treno. Un'altra macchiolina nera sulla città, che ogni mattina si trascina sbadigliando verso qualche ufficio.

Ma io lo so, vorrei dirgli, io ho visto.
Mi chiedo dove sia davvero, in questo momento. Sul palco di qualche livehouse dei distretti alternativi? Al Tokyo Dome a fare assoli assieme a Mick Jagger? Oppure nella sua sala prove mentre spiega il nuovo riff al bassista?

Abbasso lo sguardo, perché non ho nessuna intenzione di vedere la delusione sulla sua faccia quando aprirà gli occhi.


lunedì 3 novembre 2014

La Notte Dei Cosplay Viventi

Venerdi' sono stata a vedere Halloween a Shibuya.
Che io pensavo vabe', tutti i club organizzeranno una qualche specie di festa, ma se vado a farmi un giro per le strade trovo sicuramente un paio di tizi mascherati a cui fare qualche foto interessante. Giro un po', mi bevo un paio di birrette del combini, mi diverto senza spendere tanto.
Effettivamente mi sono divertita senza spendere tanto, per quello si'. L'unica cosa che avevo calcolato male era la cosa del "paio di tizi".

Immagine presa da qui
Shibuya era invasa. Ricoperta. Allagata di persone. Non c'era un centimetro libero, ovunque andavo ero immersa in un mare di gente, tutte in maschera, tutte fuori di testa.



La cosa affascinante e' che non e' nemmeno la loro cultura. Sono sicura che il 90% dei giapponesi non sa nemmeno da dove e' arrivato e che cosa significa. Come molte altre festifita' occidentali (Natale, San Valentino), Halloween e' stato importato in Giappone come scusa per fare soldi. Tanti soldi.



La differenza tra l'halloween giapponese e quello occidentale? Non ne sono interamente sicura, dato che non l'avevo mai festeggiato prima. Ho visto bambini fare dolcetto o scherzetto; il quartiere dove abitavo l'anno scorso ha organizzato una retata di gruppo a tutti i cafe' e ristoranti del quartiere. Ovviamente pero' non e' questa la maggiore attrazione di Halloween: la maggiore attrattiva per il popolo del kawaii e' quella di avere una scusa in piu' all'anno per fare cosplay.


Che genere di costumi andavano forte quest'anno? Vediamo insieme una breve top list stilata da Stila:

- principessa Disney (parecchie Jasmin, molte Minnie e un casino di Alice). Dai ad una ragazza giapponese la possibilita' anche remota di vestirsi da principessa Disney e lei ci si vestira'.
- spiderman (fantasia!)
- infermiera (nelle varianti sexy o zombie)
- carcerato
- personaggio di anime (sempre molto in voga One Piece, ho visto un gruppo di una 15 di persone fare tutta la ciurma, splendidi)
- poliziotti (nelle versioni sexy e zombie)
- personaggio del floklore giapponese (zombie in kimono, yokai, inari e altre maschere)
- scolaretta (nelle versioni sexy, cute e zombie)
- Wally di where's Wally (non ho idea del perche' ma ce n'erano interi gruppi)



La maggior parte della gente si vestiva da un personaggio a caso e ci aggiungeva il trucco da zombie.
Ovviamente la cosa era organizzata in gruppi che andavano da 2 a 7-8 persone con lo stesso costume, perche' i giapponesi non fanno mai niente da soli.

Non ho scattato tante foto come avrei voluto, ma la concentrazione impensabile di esseri umani lo rendeva difficoltoso specialmente perche' avevo il triplo task di bere birra, fare foto e guidare un uomo-papera tra la folla, che non ci vedeva una mazza ma si divertiva un mondo a spavantare le ragazzine.



Avete presente i negozi che fanno tutto in anticipo quando si tratta di feste? Ad esempio, il supermercato che comincia a vendere addobbi natalizi e panettone ad ottobre. Io ho sempre detestato quest'avida abitudine commerciale, ma credo di essere entrata in un nuovo universo da quando mi sono trasferita in giappone.
Dovete sapere che qui e' tutto a tema. Ci sono le quattro stagioni, c'e' san Valentino, il white day, la festa della mamma, del papa', la festa dei bambini, Halloween, Natale, e avanti. Per ognuna di queste ricorrenze qui tutto diventa a tema. Le decorazioni nelle strade, i dolci, il cibo, le lattine di birra, le patatine, la coca-cola, il kitkat, tutto. La gente adora le edizioni speciali, le edizioni limitate e le collezioni.


Tanto per farvi vedere, queste qui sopra sono le quattro versioni della birra Kirin in lattina, una per ogni stagione: i sakura in primavera, i fuochi d'artificio in estate, le foglie d'acero rosse in autunno e la neve in inverno. Qui non c'e' bisogno del calendario per sapere in che mese siamo, basta guardare il packaging.

Ma stavamo parlando di negozi che cominciano a vendere presto. Ebbene, quest'anno la birra autunnale era in vendita a fine agosto. Si moriva dal caldo, gli alberi erano verdi, il sole spaccava i sassi e le tipe in yukata ancora popolavano la metropoli e lei era li', con le sue cazzo di foglie d'acero. No, mi sono detta, io la birra d'autunno la bevo in autunno, mica faccio quello che vogliono loro, combatti il potente. E ho aspettato. E' arrivato ottobre, le giornate rimanevano belle, foglie rosse ancora non se ne vedevano ma, ho pensato, in fondo ad ottobre comincia l'autunno, il tempo e' perfetto, perche' no. E sono scesa nel supermercato sotto casa per scoprire che la birra autunnale era stata sostituita dalla birra invernale.
Stessa cosa con Halloween. Due mesi prima hanno cominciato a vendere zucche e costumi da strega e il giorno prima (non dopo, prima!) del 31 ottobre sono passata dal 100 yen shop per vedere se avevano qualche cappello diveretente da mettermi per andare al lavoro al bar, e mi sono trovata di fronte ad una schiera di Babbi Natale.

Non imparo mai.

lunedì 27 ottobre 2014

100 strangers project: #3 - Cigarette Break


Koenji, 31 ottobre 2013

Halloween in Giappone vuol dire, fondamentalmente, due settimane di cosplay.Quella sera avevo deciso di fare un giro nel quartiere alternativo di Koenji, famoso a Tokyo per le sue livehouse, la scena underground, i negozi di cose fatte a mano e la stravaganza dei suoi abitanti.

In quel non cosi' freddo Halloween di un anno fa, Koenji si era rivelata piuttosto deludente: strade quasi vuote, qualche travestimento di tanto in tanto ma niente di eccezionale. Scoraggiata ma sempre decisa a passare una bella serata, mi sono rifugiata in uno shisha bar che adesso non c'e' piu'.

Tra fumose alitate al sapore di mele e cannella e gin tonic al sapore di gin tonic, la mia attenzione e' stata attirata da una... cosa. Rosa. Una cosa molto rosa. Fuori dalla porta c'era una ragazza, in piedi, appoggiata al muro, con la testa china sullo schermo del suo cellulare mentre fumava una sigaretta (al sapore, ho immaginato, di sigaretta); niente sarebbe stato fuori posto se non fosse che 1) stava fumando per strada -in Giappone non si puo' fumare per strada ma si puo' nei locali- e 2) indossava una specie di pigiama rosa confetto a pallini rossi. Cosi', con arroganza.

Ho deciso che, data la situazione, il punto 1 era decisamente meno degno di nota del punto 2 e ho cominciato a fissarla, ipnotizzata da quel rosa confetto e quel fare da boss. Mi ci sono voluti circa 15 minuti per accorgermi che era un uomo. E quella e' la scintilla che mi ha spinto ad abbandonare cannella e gin tonic e andare a fotografarlo.

Durante le mie riflessioni lui era stato raggiunto da un altro tizio, decisamente meno appariscente ma non per questo poco stiloso nella sua felpa zebrata fuxia. Hanno accettato di essere fotografati senza problemi.

E cosi' ho scoperto che entrambi lavoravano in due bar poco distanti. Il confetto umano e' il proprietario di un hostess club, e l'altro invece lavora in un bar per soli uomini.

Dopo aver rubato loro questo scatto degno di Koenji li ho lasciati in pace e sono tornata al mio shisha, i cui carboni ormai si stavano spegnendo.



Cliccate qui per saperne di più sul 100 strangers project e vedere le stupende foto scattate dai fotografi di tutto il mondo.

lunedì 20 ottobre 2014

Thursday Night Fever

Dicono che molte persone tendono a sentirsi meglio nella stagione in cui sono nate.
Io sono pienamente d'accordo, infatti sono sempre particolarmente ispirata in questo periodo dell'anno: giornate miti, di quelle che non ti lasciano alcun dubbio che anche oggi uscirai e spaccherai il mondo. Ne' troppo caldo, ne' troppo freddo. Da birretta al parco, da camminata lungo il fiume. La giacca piange abbandonata nei meandri dell'armadio e io vagabondo soddisfatta tra salaryman e scolarette in divisa, orgogliosa figlia dell'autunno.
Autunno che qui a Tokyo ha deciso di durare il piu' possibile, fottendosene largamente dell'inverno che si e' perso per strada e dei due tifoni che hanno colpito il Giappone nelle ultime settimane.

La scorsa settimana sono successe tre cose: una e' che era il mio compleanno, la seconda e' che ho preso l'influenza (durante il mio compleanno) e la terza e' che ho suonato il sanshin ad un concerto (durante l'influenza).

E' da quasi un anno che prendo lezioni di sanshin, e occasionalmente faccio duetto con il mio maestro a serate ed eventi vari, principalmente cose molto informali tra amici dove si mangia e beve e canta tutti assieme le canzoni di Okinawa e non.
Questo concerto è stato particolarmente una figata, e questo perché:

1. Era un festival di fuochi d'artificio in riva al fiume. E vivendo a Tokyo, sempre circondata da palazzi e grattacieli, trovarti in uno spazio aperto e pieno di natura fa sempre un certo effetto.



2. Io pensavo fosse una cosa così, tipo sagra di paese, invece c'era tanto di palco con tanto di backstage con tanto di roadie che correvano di qua e di là per attaccarmi il jack e sistemarmi il microfono.



3. Con la scusa che ho suonato mi hanno regalato dei biglietti per i posti a pagamento per lo spettacolo di fuochi d'artificio. Telone sull'erba, birretta e posti in prima fila.





4. Il concerto prevedeva la partecipazione straordinaria di Mizuki-san, una violinista professionista!



A questo genere di eventi, la maggior parte dei bar e ristoranti locali partecipano con i loro stand di
cibi e bevande, e le strade si riempiono di bancarelle di tutti i tipi. Io ovviamente sono andata da Yoriki.

Yoriki è il mio standing bar preferito. E' un bar dove si beve in piedi al bancone, e quando entri la giovane coppia che lo gestisce ti dice "bentornato!". E' uno di quei bar dove trovi sempre qualcuno che conosci. C'e' la tipa che e' li' ogni giorno e beve vino dal bicchiere che si porta da casa. C'e' il mio maestro che tutti chiamano "shisho", (capo, maestro) che suona placidamente il sanshin. C'e' Kuro-chan, sempre di ritorno dall'ufficio con la cravatta allentata che offre da bere a tutti. Quando mi e' arrivato il nuovo visto sono andata a festeggiare li', ho aperto una bottiglia e abbiamo bevuto tutti assieme, e un tipo che non avevo mai visto e' corso a comprarmi dei fiori.
I gestori di un locale in Giappone si chiamano Mama e Masutaa (pronuncia giapponese di "master").
C'erano tutti quella sera, la gente brindava all'autunno e parlava dei fuochi d'artificio, mangiando pannocchie grigliate, salsicce, yakisoba e piovre bollite ripiene di riso (specialita' della mama, mado' che buone).



Finito il concerto, finiti i fuochi, finita la bevuta da Yoriki, me ne sono tornata tra le luci e il cemento, stanca e forse ancora un po' ammalata, ad ammirare dalla finestra il cielo della metropoli in attesa del tifone.



Ce l'ho fatta!
Si dia fiato alle trombe, si liberino le cento colombe, si sparino i coriandoli e suonino le vuvuzelas!
Ho mantenuto la mia promessa... il blog è vivo... è viiiiiivooooooo
Sia lode all'eroe trionfatoreeeee, PANANANANANANANAAAAAAAAAAAAA
(se non cogli la citazione esci dal mio blog adesso)

Ahem.
Niente, andiamo avanti così e ci vediamo la prossima settimana con un altro post.

Stay tuned.


lunedì 13 ottobre 2014

Riassunto

Sono arrivata in Giappone  a gennaio di un anno fa, senza obiettivi. Iscritta ad una scuola di giapponese perche' quello studentesco era l'unico visto che potevo permettermi.



La mia prima casa e' stata il dormitorio della scuola: un appartamento che era l'incarnaizione terrena dell'essenza della parola "piccolo", diviso tra cinque persone, senza finestre, senza soggiorno e una stanza ancora piu' piccola costituita da letto+armadio+frigo+scrivania.



Un mese dopo il mio arrivo ho deciso che era meglio trovare un lavoro part-time e ho cominciato a dare lezioni di inglese e italiano. Stavo quasi per essere assunta da una prestigiosa scuola di inglese stile giaccaecravatta quando mi sono detta: sai cosa? Anche no. Ed e' a quel punto che ho trovato lavoro in un punk bar a Shinjuku.



Ad aprile ho costretto i professori a farmi fare un esame per saltare un livello e passare alla classe successiva perche' mi stavo distruggendo di noia. Un weekend a studiare come una deficiente.



A maggio ho traslocato. Un appartamento tutto per me, con un soggiorno e un divano e una grande stanza di tatami.



Arriva l'estate e con lei il JLPT, la famigerata certificazione di lingua giapponese. Con uno spettacolare colpo di culo passo il livello 2, ma le sofferenze non sono finite. A scuola mi costrigono a partecipare ad uno speech contest dove dovro' fare un discorso in giapponese davanti a tutta la scuola. La performance impeccabile (ed estremamente noiosa) dei miei compagni asiatici mi genera un'ansia da prestazione tale che decido di madare a quel paese le prove e trasformo il mio discorso in una mezza commedia con tanto di lancio dei foglietti alla fine. E vinco pure un premio.


L'estate se ne va e io invece voglio restare. A Tokyo. Il mio visto sta per scadere e l'unica cosa da fare e' trovare un lavoro qui: la ricerca ha inizio. Seguiranno 3 mesi di agognante ricerca, di stesura di curriculum in giapponese, interviste indossando l'odiatissima giacca e cravatta e tante, tante bombe mentali.



Nel frattempo incontro un signore che da' lezioni di sanshin e comincio a suonarlo pure io.



Appena prima di Natale ricevo una misteriosa proposta di lavoro part-time per tre mesi come traduttrice di italiano per un certo progetto: la accetto. L'anno nuovo comincia con tre mesi di permanenza rimasti e zero idee di che cosa fare se non mi rinnovano il contratto.



La ruota della fortuna sembra girare in mio favore e mi viene annunciato che il contratto continuera' come full time e che la compagnia e' disposta a sponsorizzare il mio visto. Altre settimane di pena e panico, dolore morte e disperazione nell'attesa di un verdetto, che si rivela essere diverso da quanto mi ero aspettata: entro in possesso di un visto di non uno, ma ben tre anni.


Comincia la mia vita da expat: una paga mensile, un ufficio, un contratto di sei mesi, ma soprattutto la possibilita' di pianificare il futuro. E i sakura, puntuali, foderano la citta' di rosa confetto e di giapponesi ubriachi.



Il contratto del mio appartamento scade e decido di traslocare ancora. Via stanza coi tatami e benvenuto palazzo di vetrolegnocemento.

L'estate porta visitatori dall'occidente, tra cui il fratello che non vedevo da un anno e mezzo. Assieme rockeggiamo la citta' rovente tra templi, bar nascosti, festival e negozi di chitarre.

L'estate e' corsa via.
Sono sempre piu' sicura che il tempo qui a Tokyo scorre in anni canini; mi sono distratta un attimo ed e' arrivato il mio secondo compleanno in Giappone. In quest'anno e 10 mesi ho tentato piu' volte di ricominciare a scrivere il blog, senza mai avere successo. Piu' tempo passava e piu' difficile era sapere da dove cominciare. Ecco perche' questo post con un goffo riassunto della mia vita qui. Questo e' il mio ultimo tentativo di riesumare il blog, se questo fallisce non ci provero' piu'.

Voglio ritornare alla vecchia routine dei post settimanali. Tornate tra sette giorni, e vedremo. Sono aperte le scommesse signore e sgnori! Riuscira' Stila a salvare il blog? O sara' il blog a salvare Stila? No one can live while the other survives? Prossimamente su questi schermi.

One last time.