Harajuku, 24 novembre 2014
Un nuvoloso lunedi' di fine autunno. Le magliette si sono ormai trasformate in cappotti, gli alberi di Natale hanno appena cominciato la loro ascesa al potere e io dovrei essere al lavoro... invece, grazie a una delle molte festivita' giapponesi sto vagabondando con una macchina fotografica in mano.
Mi sono presa una giornata per me, tutta sola a camminare, osservare, fotografare, pensare e altri verbi simili, e in questo preciso momento sto per andare a bere qualcosa di caldo in un cafe' del posto dopo aver girovagato tutto il giorno.
Ed e' li' che la sento.
Una musica limpida, eterea, che eccheggia tutt'intorno a lui, alla stazione, alla strada, alla gente che passa. Mi avvicino.
E' un ragazzo che sta suonando uno strumento di legno che non ho mai visto prima: avra' almeno 10 corde, un bastoncino per pizzicarle e dei tasti per suonarle come un pianoforte. Il tipo sembra essere completamente a suo agio con questa tastiera mutante e io decido all'istante che egli diverra' il mio quarto straniero. Mi godo la sua canzone mentre aspetto che finisca di suonare per andare a parlargli.
Appena pizzica l'ultima nota, mi faccio avanti e lascio cadere 500 yen nella scatola vicino a lui.
"Posso prendere uno dei tuoi cd?"
"Ma certo"
Il suo nome e' Sam e viene da Boston. Vive in Giappone e ha costruito lo stumento ispirandosi al koto, che e' uno strumento giapponese a 13 corde (wikipediatevi). Le corde sono corde di pianoforte.
Parliamo un po' mentre lui sostituisce una corda ("e' la prima volta che mi capita di romperne una, e oggi non ho neanche portato le pinze"). Mi dice che esce spesso a suonare. Qualche giapponese si ferma a parlare con lui, dei bambini curiosi si avvicinano. Finalmente riesce ad aggiustare la corda, io lo ringrazio e inizio a scattare qualche foto mentre la gente ricomincia a radunarsi attorno alle sue note.
Neanche un minuto piu' tardi la festa e' gia' finita: appaiono due poliziotti dal volto severo (e' pazzesco come i giapponesi sanno essere severi e cortesi allo stesso tempo) e gli intimano di impacchettare il suo piano mutante e andarsene. Lui sorride e obbedisce mentre loro lo guardano mettere via la sua roba, e io lo lascio senza salutare, diretta verso il mio cafe' preferito con ancora la sua musica in testa.
Gli altri estranei
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