lunedì 27 ottobre 2014

100 strangers project: #3 - Cigarette Break


Koenji, 31 ottobre 2013

Halloween in Giappone vuol dire, fondamentalmente, due settimane di cosplay.Quella sera avevo deciso di fare un giro nel quartiere alternativo di Koenji, famoso a Tokyo per le sue livehouse, la scena underground, i negozi di cose fatte a mano e la stravaganza dei suoi abitanti.

In quel non cosi' freddo Halloween di un anno fa, Koenji si era rivelata piuttosto deludente: strade quasi vuote, qualche travestimento di tanto in tanto ma niente di eccezionale. Scoraggiata ma sempre decisa a passare una bella serata, mi sono rifugiata in uno shisha bar che adesso non c'e' piu'.

Tra fumose alitate al sapore di mele e cannella e gin tonic al sapore di gin tonic, la mia attenzione e' stata attirata da una... cosa. Rosa. Una cosa molto rosa. Fuori dalla porta c'era una ragazza, in piedi, appoggiata al muro, con la testa china sullo schermo del suo cellulare mentre fumava una sigaretta (al sapore, ho immaginato, di sigaretta); niente sarebbe stato fuori posto se non fosse che 1) stava fumando per strada -in Giappone non si puo' fumare per strada ma si puo' nei locali- e 2) indossava una specie di pigiama rosa confetto a pallini rossi. Cosi', con arroganza.

Ho deciso che, data la situazione, il punto 1 era decisamente meno degno di nota del punto 2 e ho cominciato a fissarla, ipnotizzata da quel rosa confetto e quel fare da boss. Mi ci sono voluti circa 15 minuti per accorgermi che era un uomo. E quella e' la scintilla che mi ha spinto ad abbandonare cannella e gin tonic e andare a fotografarlo.

Durante le mie riflessioni lui era stato raggiunto da un altro tizio, decisamente meno appariscente ma non per questo poco stiloso nella sua felpa zebrata fuxia. Hanno accettato di essere fotografati senza problemi.

E cosi' ho scoperto che entrambi lavoravano in due bar poco distanti. Il confetto umano e' il proprietario di un hostess club, e l'altro invece lavora in un bar per soli uomini.

Dopo aver rubato loro questo scatto degno di Koenji li ho lasciati in pace e sono tornata al mio shisha, i cui carboni ormai si stavano spegnendo.



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lunedì 20 ottobre 2014

Thursday Night Fever

Dicono che molte persone tendono a sentirsi meglio nella stagione in cui sono nate.
Io sono pienamente d'accordo, infatti sono sempre particolarmente ispirata in questo periodo dell'anno: giornate miti, di quelle che non ti lasciano alcun dubbio che anche oggi uscirai e spaccherai il mondo. Ne' troppo caldo, ne' troppo freddo. Da birretta al parco, da camminata lungo il fiume. La giacca piange abbandonata nei meandri dell'armadio e io vagabondo soddisfatta tra salaryman e scolarette in divisa, orgogliosa figlia dell'autunno.
Autunno che qui a Tokyo ha deciso di durare il piu' possibile, fottendosene largamente dell'inverno che si e' perso per strada e dei due tifoni che hanno colpito il Giappone nelle ultime settimane.

La scorsa settimana sono successe tre cose: una e' che era il mio compleanno, la seconda e' che ho preso l'influenza (durante il mio compleanno) e la terza e' che ho suonato il sanshin ad un concerto (durante l'influenza).

E' da quasi un anno che prendo lezioni di sanshin, e occasionalmente faccio duetto con il mio maestro a serate ed eventi vari, principalmente cose molto informali tra amici dove si mangia e beve e canta tutti assieme le canzoni di Okinawa e non.
Questo concerto è stato particolarmente una figata, e questo perché:

1. Era un festival di fuochi d'artificio in riva al fiume. E vivendo a Tokyo, sempre circondata da palazzi e grattacieli, trovarti in uno spazio aperto e pieno di natura fa sempre un certo effetto.



2. Io pensavo fosse una cosa così, tipo sagra di paese, invece c'era tanto di palco con tanto di backstage con tanto di roadie che correvano di qua e di là per attaccarmi il jack e sistemarmi il microfono.



3. Con la scusa che ho suonato mi hanno regalato dei biglietti per i posti a pagamento per lo spettacolo di fuochi d'artificio. Telone sull'erba, birretta e posti in prima fila.





4. Il concerto prevedeva la partecipazione straordinaria di Mizuki-san, una violinista professionista!



A questo genere di eventi, la maggior parte dei bar e ristoranti locali partecipano con i loro stand di
cibi e bevande, e le strade si riempiono di bancarelle di tutti i tipi. Io ovviamente sono andata da Yoriki.

Yoriki è il mio standing bar preferito. E' un bar dove si beve in piedi al bancone, e quando entri la giovane coppia che lo gestisce ti dice "bentornato!". E' uno di quei bar dove trovi sempre qualcuno che conosci. C'e' la tipa che e' li' ogni giorno e beve vino dal bicchiere che si porta da casa. C'e' il mio maestro che tutti chiamano "shisho", (capo, maestro) che suona placidamente il sanshin. C'e' Kuro-chan, sempre di ritorno dall'ufficio con la cravatta allentata che offre da bere a tutti. Quando mi e' arrivato il nuovo visto sono andata a festeggiare li', ho aperto una bottiglia e abbiamo bevuto tutti assieme, e un tipo che non avevo mai visto e' corso a comprarmi dei fiori.
I gestori di un locale in Giappone si chiamano Mama e Masutaa (pronuncia giapponese di "master").
C'erano tutti quella sera, la gente brindava all'autunno e parlava dei fuochi d'artificio, mangiando pannocchie grigliate, salsicce, yakisoba e piovre bollite ripiene di riso (specialita' della mama, mado' che buone).



Finito il concerto, finiti i fuochi, finita la bevuta da Yoriki, me ne sono tornata tra le luci e il cemento, stanca e forse ancora un po' ammalata, ad ammirare dalla finestra il cielo della metropoli in attesa del tifone.



Ce l'ho fatta!
Si dia fiato alle trombe, si liberino le cento colombe, si sparino i coriandoli e suonino le vuvuzelas!
Ho mantenuto la mia promessa... il blog è vivo... è viiiiiivooooooo
Sia lode all'eroe trionfatoreeeee, PANANANANANANANAAAAAAAAAAAAA
(se non cogli la citazione esci dal mio blog adesso)

Ahem.
Niente, andiamo avanti così e ci vediamo la prossima settimana con un altro post.

Stay tuned.


lunedì 13 ottobre 2014

Riassunto

Sono arrivata in Giappone  a gennaio di un anno fa, senza obiettivi. Iscritta ad una scuola di giapponese perche' quello studentesco era l'unico visto che potevo permettermi.



La mia prima casa e' stata il dormitorio della scuola: un appartamento che era l'incarnaizione terrena dell'essenza della parola "piccolo", diviso tra cinque persone, senza finestre, senza soggiorno e una stanza ancora piu' piccola costituita da letto+armadio+frigo+scrivania.



Un mese dopo il mio arrivo ho deciso che era meglio trovare un lavoro part-time e ho cominciato a dare lezioni di inglese e italiano. Stavo quasi per essere assunta da una prestigiosa scuola di inglese stile giaccaecravatta quando mi sono detta: sai cosa? Anche no. Ed e' a quel punto che ho trovato lavoro in un punk bar a Shinjuku.



Ad aprile ho costretto i professori a farmi fare un esame per saltare un livello e passare alla classe successiva perche' mi stavo distruggendo di noia. Un weekend a studiare come una deficiente.



A maggio ho traslocato. Un appartamento tutto per me, con un soggiorno e un divano e una grande stanza di tatami.



Arriva l'estate e con lei il JLPT, la famigerata certificazione di lingua giapponese. Con uno spettacolare colpo di culo passo il livello 2, ma le sofferenze non sono finite. A scuola mi costrigono a partecipare ad uno speech contest dove dovro' fare un discorso in giapponese davanti a tutta la scuola. La performance impeccabile (ed estremamente noiosa) dei miei compagni asiatici mi genera un'ansia da prestazione tale che decido di madare a quel paese le prove e trasformo il mio discorso in una mezza commedia con tanto di lancio dei foglietti alla fine. E vinco pure un premio.


L'estate se ne va e io invece voglio restare. A Tokyo. Il mio visto sta per scadere e l'unica cosa da fare e' trovare un lavoro qui: la ricerca ha inizio. Seguiranno 3 mesi di agognante ricerca, di stesura di curriculum in giapponese, interviste indossando l'odiatissima giacca e cravatta e tante, tante bombe mentali.



Nel frattempo incontro un signore che da' lezioni di sanshin e comincio a suonarlo pure io.



Appena prima di Natale ricevo una misteriosa proposta di lavoro part-time per tre mesi come traduttrice di italiano per un certo progetto: la accetto. L'anno nuovo comincia con tre mesi di permanenza rimasti e zero idee di che cosa fare se non mi rinnovano il contratto.



La ruota della fortuna sembra girare in mio favore e mi viene annunciato che il contratto continuera' come full time e che la compagnia e' disposta a sponsorizzare il mio visto. Altre settimane di pena e panico, dolore morte e disperazione nell'attesa di un verdetto, che si rivela essere diverso da quanto mi ero aspettata: entro in possesso di un visto di non uno, ma ben tre anni.


Comincia la mia vita da expat: una paga mensile, un ufficio, un contratto di sei mesi, ma soprattutto la possibilita' di pianificare il futuro. E i sakura, puntuali, foderano la citta' di rosa confetto e di giapponesi ubriachi.



Il contratto del mio appartamento scade e decido di traslocare ancora. Via stanza coi tatami e benvenuto palazzo di vetrolegnocemento.

L'estate porta visitatori dall'occidente, tra cui il fratello che non vedevo da un anno e mezzo. Assieme rockeggiamo la citta' rovente tra templi, bar nascosti, festival e negozi di chitarre.

L'estate e' corsa via.
Sono sempre piu' sicura che il tempo qui a Tokyo scorre in anni canini; mi sono distratta un attimo ed e' arrivato il mio secondo compleanno in Giappone. In quest'anno e 10 mesi ho tentato piu' volte di ricominciare a scrivere il blog, senza mai avere successo. Piu' tempo passava e piu' difficile era sapere da dove cominciare. Ecco perche' questo post con un goffo riassunto della mia vita qui. Questo e' il mio ultimo tentativo di riesumare il blog, se questo fallisce non ci provero' piu'.

Voglio ritornare alla vecchia routine dei post settimanali. Tornate tra sette giorni, e vedremo. Sono aperte le scommesse signore e sgnori! Riuscira' Stila a salvare il blog? O sara' il blog a salvare Stila? No one can live while the other survives? Prossimamente su questi schermi.

One last time.