lunedì 30 giugno 2014

Frammenti di Tokyo #3: A Touch of Humanity

Ok, la verità è che sto preparando delle serie di post strafichi per il blog (che poi vanno ancora di moda i blog? La gente li legge più? Mah) ma l'altro giorno mi è capitata una cosa che mi ha dato ispirazione e allora intanto beccatevi un mini-post scritto di getto mentre tornavo a casa dopo due lavori, barcollando dalla stanchezza. Enjoy.

Oggi un sararyman mi ha parlato mentre aspettavo il treno. È passato un po' di tempo dall'ultima volta che qualcuno lo ha fatto. Mi ricordo i primi mesi che ero qui, venivo "importunata" più o meno ogni sera. Da gente che voleva parlare inglese, da tipi che volevano uscire, da padroni di Kyabakura che volevano darmi un lavoro e, wow, a pensarci bene queste vicessitudini meriterebbero un post apposito. Segnato. Fatto sta che per qualche ragione, da un po' di mesi a questa parte nessuno mi rivolge più la parola per strada... un po' come se la città si fosse abituata a me.

Ma dicevamo.
Mi ha rivolto la parola in un inglese stentato e io, pensando che fosse un altro di quei businessman che vanno in cerca di lezioni di inglese aggratis per prendere una promozione in azienda gli ho detto che non lo parlavo (ha ha ha), che ero italiana.
Si è sorpreso, ma non ha smesso di parlarmi. Prima del più e del meno, da quanto tempo sei in Giappone e cosa sei venuta a fare e perché parli così bene il giapponese, poi con mia sorpresa si è passati a discorsi più culturali: le differenze tra il Giappone e l'Europa, com'è la gente di lì rispetto a qui eccetera. Il cellulare che stavo usando come scudo ha cominciato ad abbassarsi lentamente fino a finire, dimenticato, nella borsa.

Il treno da Shinjuku a Takadanobaba era disgustosamente pieno. Pressati l'uno contro l'altra abbiamo continuato a parlare per due stazioni. Una volta arrivati a Takadanobaba, ho cominciato a farmi strada a spallate tra l'orda di salaryman e sono scesa.

E basta. Non ci rivedremo mai più, non mi ha detto il suo nome e non mi ha chiesto il mio, non mi ha chiesto di scambiarci i numeri o di uscire o ce l'hai il profilo su Facebook. Prima che io scendessi mi ha sfiorato la mano per un attimo. Non che fosse bello o chissà cosa, però mi è piaciuto. Questo contatto spontaneo senza una richiesta di ritorno, non come il tipo che ti offre da bere e poi ti guarda come uno che ha appena pagato il biglietto d'entrata.
Sarà che era brillo dalla (ci scommetto) serata con i colleghi a bere dopo il lavoro, sarà che aveva bisogno di un contatto umano, boh. è che la spontaneità è rara qui a Tokyo.
Mi piace. Questa calda serata di giugno.
Doveva piovere stasera, e invece si sta da dio.