Pensavo a un anno fa, e a come ero persa.
Non sapevo nulla di questo luogo. Tutto era nuovo, sconosciuto, eccitante. La prima volta che sono andata a Shinjuku mi sono persa. E anche la seconda. Leggevo le insegne e mi chiedevo se si trattasse di un ristorante, di un club o di un karaoke.
Non avevo nessun amico, nessun riferimento, solo una città traboccante di sconosciuti e un pezzo di plastica che mi permetteva di rimanerci.
Ogni passo era come mettere un piede nel vuoto. E c'era il vuoto dentro di me, dopo tutti quegli addii e birre dell'ultimo momento e canzoni ascoltate in macchina di notte con rabbiose lacrime agli occhi, e mail straripanti di discorsi che non avevo avuto il tempo di fare. Vuoto in attesa di essere riempito.
Lei camminava svelta davanti a me con le sue millemila borse, e ora chissà dov'è, dopo un anno, chissà chi era e qual è la sua storia. Il tempo di uno scatto, e persa.
Persa tra quelle luci che non avevano ancora senso.
Non sapevo nulla di questo luogo. Tutto era nuovo, sconosciuto, eccitante. La prima volta che sono andata a Shinjuku mi sono persa. E anche la seconda. Leggevo le insegne e mi chiedevo se si trattasse di un ristorante, di un club o di un karaoke.
Non avevo nessun amico, nessun riferimento, solo una città traboccante di sconosciuti e un pezzo di plastica che mi permetteva di rimanerci.
Ogni passo era come mettere un piede nel vuoto. E c'era il vuoto dentro di me, dopo tutti quegli addii e birre dell'ultimo momento e canzoni ascoltate in macchina di notte con rabbiose lacrime agli occhi, e mail straripanti di discorsi che non avevo avuto il tempo di fare. Vuoto in attesa di essere riempito.
Lei camminava svelta davanti a me con le sue millemila borse, e ora chissà dov'è, dopo un anno, chissà chi era e qual è la sua storia. Il tempo di uno scatto, e persa.
Persa tra quelle luci che non avevano ancora senso.
dammi una spinta e il limite dov'è
dammi una spinta e un limite se c'è