mercoledì 18 agosto 2010

Ohayou gozaimasu

Dai che alle 10 comincia la lezione, se non ci muoviamo arriviamo in ritardo!

Martedi sera c'era un concerto underground a Kabukicho. Io lo sapevo perché la settimana prima ero andata a perdermi nella stradina losca dietro la stazione di Shimokitazawa, avevo visto un manifesto fuori da un negozietto di merchandising punk/metal, fatto due chiacchiere con il proprietario, "si si sono bei gruppi, vai a vederli che meritano", foto al manifesto col mio nuovo cellulare giapponese, ricerca del posto su wikipedia, "Hey ti va di andare ad un concerto martedi sera?" "sure!". E che ci vuole.
Dopo la doccia più inutile della mia vita, perché nel tempo che ho impiegato ad asciugarmi i capelli ero già di nuovo sudata fradicia, mi sono concessa dieci minuti di silenzio, rilassamento e meditazione sui cuscini del soggiorno della mia casa giapponese, al momento vuota. L'unica compagnia era Mugi chan, il cane - no scusate, volevo dire il chiwawa, piano qua coi paroloni. L'ora di mezzi che mi separava da Shinjuku è stata soporifera come sempre, ma una volta usciti dalla stazione, chi ha più sonno? Stimoli audio-visivi-olfattivi-tattili a bomba.
Tokyo è un posto dove può succedere di tutto, e quel giorno purtroppo era successo che tutti gli uffici postali di Shinjuku stavano giocando a nascondino, mentre contemporaneamente tutti i SevenEleven rifiutavano i nostri bancomat. Cosa che ha comportato mezza serata persa in cerca di una fottuta macchinetta che si degnasse di dare soldi a dei non-giapponesi. Ma alla fine, salvati da un signore sdentato che parlava un giapponese di sua invenzione, abbiamo trovato un ATM benevolo e fatto il pieno al portafogli. Mai faticato così tanto per un paio di birre.
Il posto era un grande edificio bianco, sobrio, incastonato tra le insegne luminose. Di tutti i posti che c'erano lì intorno era l'ultimo in cui avrei cercato un concerto. Eppure il cartello era lì, abbiamo sceso le scale, aperto un portone blindato e ci siamo ritrovati a Londra. E contemporaneamente tutto un altro posto.
Un basement stipato di gente, muri neri, luci basse e colorate, pavimento a scacchi, fumoso al punto giusto. Su uno dei due palchi stava suonando una band e faceva un gran casino. La gente non mi fissava, nessuno si curava di me. Nessuno aveva la testa bassa, se ci si urtava per sbaglio nessuno chiedeva scusa. E cosa più sconvolgente di tutte, una tipa mi ha fregato la birra.
Nessuno recitava una parte quella sera.
I divanetti erano comodi, si stava da dio. C'era un corridoio stretto che portava ai bagni dove abbiamo incontrato una ragazza un po' ubriaca che ha detto qualcosa come "sex wa dame yo!" e poi mi è passata davanti. Seduti vicino a noi c'erano due, avranno avuto 30 anni, con due bambini piccoli, li tenevano lì con loro, uno si lamentava, si prendevano tutto il fumo in faccia. Dal bagno è uscita la ragazza di prima, si è sdraiata sul divanetto vicino a me, mi ha appoggiato la testa sulle gambe, mi ha preso la mano e si è addormentata. Dopo sono arrivati i suoi amici e abbiamo cominciato a parlare. Eravamo gli unici due stranieri in tutto il locale. C'era uno che ascoltava gruppi italiani, mi ha detto i nomi ma io non li avevo mai sentiti. Un altro ha detto di avere un gruppo, è un grande, ha 45 anni, quando ci siamo fatti una foto tutti assieme si è tirato giù i pantaloni. L'ultimo gruppo stava per iniziare: la ragazza, Yuko, mi ha preso di nuovo per mano e siamo andati a farci strada tra la folla fino alla prima fila. I giapponesi sono piccoli ma pestano..dopo il concerto ci hanno invitati all'afterparty, eravamo una cinquantina di persone in un izakaya poco lontano. Dopo che siamo entrati in una sala tutta per noi è passato un tipo a farsi dare una manciata di yen da ognuno e poi hanno cominciato ad arrivare bevande e cibo buonissimo, senza limiti. Abbiamo brindato tutti assieme, cinquanta boccali in aria. Vicino a me c'era una ragazza che si chiamava Yuki, e il suo ragazzo, un tipo grande e grosso che non la cagava e lei gli sorrideva con amore. Mi ha regalato il mamori che aveva al collo, io le ho regalato un mio braccialetto.
Alle 4 a correre in giro per Shinjuku, che preoccupazioni vuoi avere nella vita se puoi tornare a casa a piedi in 10 minuti? A Tokyo?

Ora stiamo per aprire la porta della classe, i segni della notte in faccia e due magliette uguali, comprate ieri sera al locale, che parleranno per noi.
Sono le 9.59 della mattina di un assurdamente caldo mercoledi nell'incredibile agosto dell'estate più malata di tutti i miei 22 anni.
Te lo dicevo che ce l'avremmo fatta ad arrivare in orario.


"...ohayou gozaimasu."

domenica 8 agosto 2010

First week

Vivo Tokyo, respiro Tokyo, ascolto e guardo Tokyo, instancabilmente.
Ogni mattina mi sveglio più o meno alle 5, non perché devo alzarmi, ma perché la mia camera non ha le tende. La mia casa giapponese è piccola e su due piani, caldissima. La mattina, quando scendo c'è I-chan che mi saluta con un sorriso, mentre Nori-kun è collassato a dormire per terra in posizioni strane. Sta studiando per l'esame di ammissione alla scuola ed è sempre stanco..in ogni caso non parla molto con me, è timido. I-chan invece è vivace e parla un sacco, sorride sempre.
Faccio colazione con due morsi di melon pan e scappo, mentre i miei due fratellini guardano la TV. "ittekimasu". "itte rasshai".
Mine-hachimangu è l'ultima fermata dell'autobus n.13 di Kawaguchi, ed è il posto in cui abito. Certo non ti aspetteresti di vedere una straniera che alle 8 di mattina aspetta l'autobus a Mine-hachimangu. Gli sguardi furtivi (e non) ai miei capelli biondi lo confermano, e forse lo conferma anche il fatto che in una settimana mi è capitato per sette sere di essere fermata/abbordata/importunata/nanpata da qualcuno, ma questo è un altro post.
Mentre l'autobus mi porta a Kawaguchi mi godo mezz'ora delle migliori scene da Giappone "cometeloimmaginidaglianimeedaifilm" con vecchiette col cappello di paglia che vanno in bici, ragazzine in divisa scolastica, bambini con la cartellina e i cappellini gialli, la più incasinata rete di fili elettrici del mondo. Da Kawaguchi faccio il mio ingresso a Tokyo, Keihin-Tohoku line e Yamanote finoi a Shin Okubo, in treno ascolto le musichette delle stazioni, cerco di leggere tutte le scritte giapponesi che trovo e mi faccio i viaggi mentali guardando le persone. Al primo hanbaiki (distributore automatico) che mi ispira, mi rifornisco di カルピス Calpis o Pocari sweat.
Shin Okubo è il quartiere coreano. Rispetto ad altre strade di Tokyo forse è più rumoroso, più incasinato e sicuraente più sporco. Qui puoi vedere la gente che fuma per strada e io non mi faccio problemi a mangiare il mio onigiri sulla via per la scuola. E' pieno di Pachinko e ristoranti di cucina coreana, l'odore è molto forte per la strada.
Kai nihongo school. Nella mia classe siamo in 11: con mio grande sollievo e soddisfazione io sono l'unica spaghettara..poi ci sono un inglese, due tedeschi, due americani (uno è per metà cinese), ben quattro polacchi e un turco rompiballe, perché è un diciassettenne nerdotaku-cittadinoonorariodiAkihabara che sa tutto lui, e io e Laurin l'abbiamo soprannominato "kawaisou-chan" (poveretto..o poregramo ha ha). Sta un po' sulle balle a tutti, ma alla fine non è cattivo..solo, lo prenderei a badilate ogni volta che apre la bocca. Gli altri più o meno sono tutti simpatici..io di solito esco con i tedeschi, Laurin e Daniel, e qualche volta si aggrega anche l'american/cinese, Taika. E' una persona stilosa, veste firmato ma non è arrogante, anzi, io e lui scherziamo un sacco. Il nostro passatempo preferito è imitare la parlata delle giapponesine kawaii, lui è bravissimo. Ogni mattina arriva con almeno mezz'ora di ritardo, si siede tutto sudato nei suoi vestiti impeccabili e tira fuori il ventaglio, anche se in classe abbiamo sempre l'aircon a -10° (infatti una delle prime cose che ho imparato a dire è stato "professore potrebbe gentilmente abbassare l'aria condizionata?").
I polacchi sono ok, anche se stanno sempre un po' per i fatti loro, soprattutto le tre ragazze. Due sono patite di idol giapponesi tipo Matsujun e l'altra è una fan di gruppi visual kei. Il tipo, Piotr, è simpatico, una volta è venuto con noi a Roppongi, ha un accento figo e la faccia da bambino.
L'inglese, Ed, vive a Londra ed è un tipo avanti, lavora in un'università. Abbiamo fatto una fatica ignobile per farlo uscire con noi, perché era sempre occupato, ma alla fine siamo riusciti ad uscire un paio di volte anche con la sua ragazza che si chiama come me.
Invece l'americana, Heather, vive a Tokyo con suo marito e di conseguenza a differenza di tutti noi non era sempre in giro per cercare di fare il più possibile, comunque una volta è venuta in izakaya con noi.

Durante le pause tra un'ora e l'altra vado sulla terrazza con Laurin a chiacchierare e guardare Shinjuku spuntare dietro i tetti di Shin Okubo con i suoi grattacieli. Si finisce sempre per inventare qualche nuova cavolata e si torna in classe ridendo fino alle lacrime. Abbiamo talmente tanti inside jokes che quando parliamo nessuno capisce che cazzo stiamo dicendo...anche perché di solito per capire una delle nostre battute è necessario conoscere almeno tre lingue..(e tiriamocela)
Appena finiscono le lezioni, mi prendo il tempo di un respiro  e poi mi immergo nella Tokyo atsui che si apre infinita davanti a me, con chiunque voglia seguirmi.

domenica 1 agosto 2010

Un mondo surreale di "sumimasen" a "arigatou gozaimasu"

Ho messo via la macchina fotografica, oggi siamo solo io e te, Tokyo. Voglio che le prime immagini che ho di te esistano solo nei miei ricordi.
Non dormo da 30 ore, e non ho intenzione di farlo ancora per un bel po'; il caldo è soffocante e il mio corpo non ha idea di che ora sia. Fai di me quello che vuoi.
Quando sono partita erano le 11 di mattina e ora sono le 8, sempre di mattina. Il signore dell'aereo mi ha accompagnata a comprare il biglietto dell'autobus per Souka, dove dovrei incontrarmi con la mia host mom alle 5. Non se ne parla di dormire, i miei occhi sono avidi di immagini, non importa se non distinguo le allucinazioni dalla realtà. Il mio cervello riceve dati a scatti..le mani con i guanti bianchi sul volante pali della luce ombre nere sulla strada ponti prati campi da baseball grattacieli senzatetto nelle tende ancora ombre palpebre NO NO sono sveglia cartelli kanji musichette stradine casette tradizionali cielo grigio Souka eki desu, arigatou gozaimashita.
Souka è carina, la stazione non è grande e ti fa venire voglia di fare un giro nei dintorni. Mi ricordo i colori caldi e cazzo, i coin locker troppo piccoli meglio andare a Kita-Senju che è più grande vediamo se posso mollare lì la valigia. 1, 2, 3, 4, 10 minuti dopo ho fatto il mio primo biglietto della metro col tabellone delle fermate interamente in kanji e il cervello in screensaver, pacca mentale sulla spalla.
I coin locker  non la vogliono la mia valigia, no, te la tieni e te la porti dietro fino a stasera-certo, piuttosto la butto in un fosso. Prima importuno un poliziotto per farmi spiegare come funzionano gli armadietti, poi vengo importunata da un tunisin-giapponese che voleva portarmi a mangiare qualcosa, no grazie credo di aver già pranzato una decina di ore fa, o forse era la cena..beh ciao. Epilogo? All'ufficio informazioni di Kita-Senju ci sono delle ragazze carine e gentili, che poste di fronte alla questione "la mia valigia è troppo grande per i vostri coin locker, cosa posso fare?" hanno deciso di salvarmi la vita e custodirla gratis nel loro sgabuzzino. "però non possiamo garantire per la sua sicurezza.." "si si tranquilla, ci vediamo alle 4 ne.."
Ho 20 chili in meno da portare in giro, ora come la mettiamo Tokyo? Riconosco i kanji di 渋谷 Shibuya sul cartellone, non so perché ma voglio andare lì. Il sonno rende tutto più surreale..sto comprando un biglietto-vuoto-sto seguendo il cartello giallo con la scritta Hachiko Exit-vuoto-sono sommersa da persone luci immagini suoni, sento il mio respiro, tutto è fermo-poi la luce diventa verde e io cammino, sono parte di tutto, mi trascinano con loro.
Tutto quello che sapevo di te, tutto quello che avevo letto, visto, sentito, tutte le immagini che avevo di te sono sparite in quel momento. Basta, vederti con gli occhi degli altri, ho fatto ctrl-alt-canc e ho iniziato a guardarti senza filtri. Sei la mia Tokyo adesso.
Credo di aver camminato per un po' e di aver visto strade diverse, credo di aver comprato un onigiri e di aver deciso di andare ad Harajuku e magari dormire un paio di ore nel parco di Yoyogi.
Harajukuuu, Harajuku desu. Takeshita street, il ponte. Non mi fermo, oltre il tori c'è ombra-vuoto-le mie all star fanno un rumore irregolare sulla ghiaia-vuoto-una panchina, mangio-vuoto-sto ancora camminando, voglio un prato, non so dove sono-vuoto-merda, di qua si va al tempio Meiji-jingu Yoyogi era dall'altra parte. Torno indietro, il mio campo visivo sono le mie scarpe-vuoto-corvi, caldo, sto per svenire-vuoto-non so come ma sono a Yoyogi, ci sono i Rockabilly che ballano e INDOSSANO DEI GIUBBOTTI DI PELLE sotto il sole. Credo di poter vedere la mia anima che mi esce lentamente dalla bocca---"Konnichiwa! Da dove vieni?" "ehm..dall'Italia credo" "Vuoi che ti porti a fare un giro per il parco?" "perché no.." "io mi chiamo Akira" "piacere". Ho un nuovo amico.
Dalla chiacchierata con Akira sulle panchine, non so, forse mi ci ha portato un corvo perchè io non mi ricordo di aver camminato, mi sono ritrovata a Souka con la mia valigia troppo grande a fissare il sorriso di Ayami dietro la vetrina di uno Starbucks. Il primo ricordo che ho della mia casa giapponese è una bambina in yukata che mi corre incontro nell'ingresso. "Noi pensavamo di andare ad un matsuri qua vicino..sei troppo stanca per venire?" "ceeerto che no."
Kyou wa otsukaresama deshita, un giorno lungo troppe ore.